Mi piace ricordare Andrea Camilleri, spentosi da poco, autore di una mirabile “Conversazione su Tiresia”.
Lo scrittore era diventato cieco, a causa di una grave maculopatia bilaterale, e si inventò di paragonarsi a Tiresia, personaggio della mitologia greca, colpevole di aver visto Atena nuda e perciò punito con la cecità. La dea successivamente, pentitasi del danno arrecato, compensò Tiresia con il dono della preveggenza.
Che geniali sono stati i Greci: ci hanno lasciato in dono il fondamento della convivenza civile nel mondo occidentale e anche una ricca mitologia, piena di fantasia, di significati psicologici. Io sono convinto che i Greci non credevano veramente nelle loro divinità, ma si divertivano a inventarle, a usarle come personaggi teatrali, come testimoni di storie da tramandare e da insegnare, come esempi di umanità con tutti i suoi pregi e difetti.
Camilleri, profondo conoscitore della cultura greca, si immagina come un Tiresia cieco, che vive per sette generazioni, e che può conversare con pensatori e scrittori di ogni tempo. Che fantasia, che bravura, che semplicità nell’affrontare temi spirituali al cospetto di un pubblico vario. E che meravigliosa capacità di parlare, di scandire un italiano fluente, di usare parole semplici per esprimere concetti profondi. E che forza nell’affrontare la cecità, che volontà di andare avanti, di non lasciarsi frenare, di continuare a insegnare. Grazie maestro per il tuo esempio di vita.
“Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi. L’invenzione più felice è stata quella di un commissario conosciuto ormai nel mondo intero. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla, solo su queste pietre eterne.”
Andrea Camilleri