Qualche giorno fa ho leggo sull’ultimo numero di Focus che gli animali hanno una percezione diversa di luce, colori e dettagli. Non solo, ma alcuni scienziati stanno cercando di applicare queste diversità a strumenti che sono destinati a migliorare la vista nell’uomo. Potrebbero essere inventati sensori che aumentano la sensibilità alla luce (normalmente la retina degli animali è più ricca di bastoncelli, adatti alla visione notturna, cioè vedono meglio di noi quando c’è poca luce).
Alcuni animali percepiscono radiazioni che noi non vediamo (infrarossi o ultravioletti). Gli uccelli, ad esempio, hanno 3 tipi di coni retinici (come noi sensibili a rosso, giallo, blu, la cui combinazione permette di distinguere 200 colori) e un quarto tipo, sensibile all’ultravioletto, che permette di vedere lo stato di maturazione dei vegetali e della frutta. Alcuni gamberi tropicali hanno 10 tipi di coni, quindi vedono molti più colori. I cani e i felini sono bicromatici (come potete osservare dalla foto qui sotto).
I mammiferi marini sono monocromatici (ma vedono molto meglio al buio). Le scimmie vedono come noi. Gli uccelli rapaci, avendo “lenti addizionali” all’interno dei loro occhi, ingrandiscono gli oggetti visti in distanza: un falco vede una cavalletta a 100 metri.
Anche la posizione degli occhi è importante:
i predatori li hanno tutti e due puntati davanti per fissare meglio la preda e per la visione in profondità. Gli erbivori li hanno di lato per aumentare il campo visivo e accorgersi della presenza del nemico. Alcuni serpenti hanno visori termici, con i quali vedono anche al buio prede calde, nascoste o in movimento.
Mentre lasciamo che gli scienziati costruiscano un occhio bionico, che unisca le capacità umane a quelle degli animali, godiamoci la nostra vista e badiamo alla salute dei nostri occhi, così come sono. Ben vengano, invece, i sensori capaci di restituire un pò di vista a chi l’ha perduta.