Gli “occhi sinceri e autoironici” di Woody Allen

“Mio Dio, come sei bella! Bisognerebbe tutti diventare ciechi per un po’ per apprezzare la bellezza”. E’ questa la frase finale del film Hollywood Ending di Woody Allen, dove un regista viene colpito da cecità isterica, psicogena, e finge di dirigere un film. Riconquistata la donna amata, ritorna a vedere e si accorge di aver girato scene strampalate, stroncate pienamente dalla critica americana. La critica europea invece esalta e premia il film, proprio come succede con le opere di Allen. Per inciso, la stessa cosa successe in un film muto di Buster Keaton, dove una scimmia sostituì il regista e ottenne il successo. L’importante quindi è girare scene di verità, con occhi sinceri e autoironici. E se gli occhi non funzionano, la realtà viene apprezzata con altri sensi. E quando gli occhi tornano a funzionare, la realtà appare più bella di prima (non solo la donna amata, ma anche Central Park).
In un’altra opera, stavolta letteraria e di ben altro spessore, ”Cecità” di Saramago, l’umanità viene colpita da un’epidemia di cecità, anche in questo caso fortunatamente transitoria, che svela alcuni pericoli cui può andare incontro il genere umano, se prevale l’indifferenza, il voler non-vedere, e viene meno la solidarietà.
“Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, ciechi che, pur vedendo, non vedono”
È’ questa l’amara riflessione della protagonista. Vedere e guardare non sono la stessa cosa: guardare è vedere con occhio critico, razionale, estetico, etico.